mercoledì 27 maggio 2015

Europa e l'innovazione sociale.

L'innovazione sociale (social innovation) è considerata dall'Europa uno dei driver più potenti per la creazione di un nuovo modello economico. Un complesso e crescente mondo che include parole come sharing economy, smart cities, open government e social impact, ma anche modelli nuovi di impresa e di business.
A questa riconosce diverse linee di finanziamento come ad esempio: il nuovo programma quadro per la ricerca Horizon 2020 "Europe in a changing world", le call dell'area INSO (social Innovation), l'obiettivo trasversale "Science With and For Society"sempre di H2020 e il programma Employment and Social Innovation (EaSI)
Ma andiamo con ordine. Facciamo prima una sorta di punto sul modo attuale di intendere la "social innovation".


IIn questo periodo storico in cui le imprese e dell’economia sono messo a “ferro e fuoco” dalla crisi, dove si va alla ricerca di modelli economici nuovi, fra nuove esperienze, sostenibilità, resilienza e sharing, si aprono i cancelli per i più visionari e futuristici. Una nuova sfida. Un campo definito dai termini “innovazione sociale” che cerca la sua identità.

La ricerca di nuovi percorsi in grado di ridefinire il modello di “creazione di valore”. Un “mercato” visto e approcciato in maniera “diversa”, che parte dal basso e che dal basso riceve i segnali per esistere. Un mercato partecipe, dove il cliente è protagonista attivo della creazione del prodotto che richiede.
Questo sottende, per le imprese, la possibilità di una efficace e sostenibile creazione di una nuova idea di prodotto, servizio, modello: trasformarsi in promotori, attori e protagonisti di pratiche di Social Innovation.
Partiamo da alcune semplici domande:
Può un’impresa dare risposta a bisogni sociali emergenti, presenti e passati, in modo innovativo, creando al contempo valore (non necessariamente economico) anche per se stessa? Come?
Come può un’impresa, attraverso la propria “value propostion” collocarsi come “attore di sostenibilità e miglioramento sociale” del contesto sociale in cui opera utilizzando il proprio business come leva per la creazione di nuove relazioni, collaborazioni e partnership e per proporre una risposta efficace (e redditiva) a istanze della collettività, sviluppando il proprio business?
Immaginiamo, per il domani, alcune sfide, alle quali in un mondo “globalizzato”, connesso e unico come il nostro, non ci si potrà sottrarre:
- una emergenza ambientale: un imminente possibile “disastro” globale (Global Change, Global Warming, perdita di biodiversità, necessità di cambio del sistema di risorse e quindi necessità di riprogettare il modello di vita) in un pianeta che a oggi conta 7,3 miliardi di persone, con squilibri sociali, economici e di accesso a servizi e risorse completamente differenti. E che non può impedire, ad esempio, ad un miliardo e 300 milioni di cinesi e un miliardo e 100 milioni di indiani contendersi lo stesso petrolio, la stessa acqua, la stessa aria per mutuare il modello si sviluppo che l’occidente ha rincorso fino ad oggi. O a un miliardo di Africani, che non riuscendo a mutuare un modello occidentale nel proprio territorio (anche a causa delle ingerenze dell’occidente) e subendo inoltre più di altri gli effetti del cambiamento climatico a migrare in massa verso opportunità di vita.
- una frattura demografica. Il vecchio continente, lo sta diventando veramente. Fra i più veloci in questo cambiamento ci sono l’Italia ed il Veneto. È in atto un aumento della longevità della vita (positivo) che diventa un problema paragonato a una diminuzione delle nascite. Realtà che scardina da noi i sistemi (oggi sempre più inadeguati) di welfare e di società. Inoltre le natalità immigrate superano quelle nostrane;
- un progressivo declino dell’occidente, che tradotto in altri termini rappresenta la fine del “dominio” dell’“uomo bianco” sul mondo.
Oltre a questi temi globali ne penso due molto più vicini al nostro sistema, senza alcun desiderio di interpretazione morale:
Il primo: In Italia, ma anche in altri paesi europei, lo stato sociale è in fase di contrazione. In Italia, legato molto a logiche assistenzialiste e non imprenditoriali, con il “terso settore” o il “no – Profit” rispondeva a bisogni dove lo stato non arrivava. Oggi, anche a causa di una robusta contrazione delle risorse provenienti dalla PA, soffre la carenza di una estesa capacità imprenditoriale, quella capace di assicurare sostenibilità alla propria impresa.
Il secondo: la crisi economica, che ci ha anche edotto sul fatto che non siamo scollegati dai problemi degli altri, ma anzi in maniera ognuna propria ne subiamo gli effetti, solleva e fa emergere nuovi bisogni sociali e rafforza, appesantendoli, i vecchi.
Il terzo: il nostro tessuto produttivo costituito, per la maggior parte, da medie, piccole e micro realtà imprenditoriali generalmente slegate e contrapposte, non regge la sfida globale che sposa grandi volumi ad attenzione al singolo e sempre maggiore personalizzazione. Anche a causa dello smarrimento di una identità di prodotto e servizio tailored sul bisogno del singolo cliente, a fronte della produzione di serie, e con un percorso forte di valore, tipico della cultura no profit, che va recuperato, esteso e migliorato.  
Ma crisi, nella lingua cinese è un ideogramma composto da due simboli, che, separatamente significano “pericolo” e “opportunità”(figura all'inizio del post)
In questo scenario di nuovi bisogni, sfide globali e opportunità le imprese (tutte) non possono permettersi di non sedersi a questo tavolo, non possono permettersi che il know how di cui sono portatrici sia tagliato fuori da una logica differente, attenta al percorso, al valore, alle persone. Una logica che rovescia le dinamiche che fino a ieri reggevano i percorsi di mercato. Oggi e sempre di più inefficaci. Da questo tema passano le future sfide di un vantaggio competitivo (o meglio, di un “vantaggio collaborativo”) per le imprese stesse.

“Social innovation can be defined as the development and implementation of new ideas (products, services and models) to meet social needs and create new social relationships or collaborations. It represents new responses to pressing social demands, which affect the process of social interactions. It is aimed at improving human well-being. Social innovations are innovations that are social in both their ends and their means. They are innovations that are not only good for society but also enhance individuals’ capacity to act.” Da Guide to Social Innovation 2013 – European Commission

In questo estratto la EC non fa nessun riferimento esplicito alle “imprese sociali”, di fatto lanciando un sasso verso il superamento di una distinzione profit / no profit, basata sull’impatto sociale. Superamento che alcune nazioni hanno già formalizzato (Francia, ad esempio).
E’ giunto il momento di avviare, per le imprese, un percorso di raccordo delle dualità che le caratterizzano (capitale e lavoro, ambiente e salute, economia ed ecologia) per abbattere un modello capitalistico obsoleto, iniquo e insostenibile e per ri - costruire un nuovo modello economico, sostenibile allo stesso tempo in senso sociale, ambientale ed economico.
E proprio in questa ultima affermazione che passa operativamente il tentativo per le imprese di inserirsi in tale processo di innovazione: attraverso azioni che sono allo stesso tempo capaci di produrre economia e miglioramento sociale.
Questo richiede anche il passaggio da un’ottica di "donazione" tipica di un certo modo di concepire la CSR, a un’ottica di rete, di ascolto, di co-progettazione, di condivisione delle azioni e dei fini.
In primis fra produttori e venditori di servizi e cliente, e, in Italia, anche tra mondo profit e No profit portatore di istanze e bisogni sociali, in grado di conciliare le esigenze di attori estremamente diversi tra loro in quanto a profilo culturale, metodologico e valoriale. La complementarietà delle risorse dei partner offre l’opportunità di generare soluzioni win win, in cui entrambe le parti perseguono i propri obiettivi sfruttando i vantaggi della collaborazione e ragionando in termini di innovazione.

Il presupposto è semplice: l’azienda prospera se il territorio, in cui opera, prospera (e viceversa). L’intuizione dello Shared Value può essere d’aiuto: mappando la catena del valore di un’impresa (asset, processi, attività già in essere presso l’impresa) è possibile identificare le aree ad alta potenzialità di generazione di valore condiviso, utile all’azienda e al contesto in cui opera. 
Si tratta di lasciarsi guidare dall’efficienza (utilizzando quindi tutti gli asset al massimo delle possibilità), di aprirsi ad una nuova cultura d’impresa, trasparente e collaborativa, in grado di trasformare l’impresa in interlocutore credibile in tema di innovazione sociale.
Identificare e mettere a disposizione le proprie leve di valore (come il know how, l’infrastruttura, i sistemi di gestione) a partner in grado di soddisfare bisogni sociali, entrando in una logica multidirezionale (impresa, partner, stakeholder, società), reticolare, di network.
Il processo di ricerca e sviluppo di un’impresa è un utile esempio, per quanto semplificato: abbracciare nell’azienda una strategia di innovazione sociale, significa trasformare le attività Ricerca e Innovazione Tecnologica da attività tipicamente interne a processi aperti e informali, che attivano intelligenza collettiva ed economie collaborative

Un ulteriore esempio ad alto potenziale è offerta dall’interazione strutturata e innovativa con i fornitori che compongono la supply chain, per rafforzare ad un tempo le attività di impresa, permettendo una crescita organica dei fornitori stessi, che a loro volta, incrementando la propria competitività e rilevanza sociale, possono farsi portatori di soluzioni innovative nei contesti di riferimento.

E ancora, da un altro punto di vista ad approccio più allargato, la strategia verso l’innovazione sociale si sposa con la crescita e lo sviluppo di un’idea di Smart Cities, dove le diverse componenti della società, unite da soluzioni tecnologiche innovative, individuano modelli di sostenibilità all’interno degli agglomerati cittadini, modelli fatti di relazioni, di servizi innovativi efficaci ed efficienti e di prodotti, attenti ai bisogni e alle persone, ma anche a peculiarità territoriali e culturali.

E proprio negli agglomerati cittadini che i megatrend che ci aspettano si faranno sentire forti nei prossimi anni, di cui ricordo, ad esempio: concentrazioni abitative, gestione intelligente e sostenibile in relazione alle reti energetiche, alla mobilità, agli edifici; efficienza energetica ed emissioni zero; popolazione giovane (indiana, cinese, filippina e africana) in Europa e, di contro, il 20% del totale mondiale di popolazione ultraottantenne; interazioni fra individui, macchine ed organizzazioni, integrazione di cloud pubblici e privati (Big Data), ambienti di simulazione (difesa, medicina, educazione, mobilità, solo per citarne alcuni), modelli di business basati sulla condivisione di risorse (ma anche di infrastrutture, macchinari, servizi), connettività principalmente wireless, ulteriore sviluppo della banda in termini di ampiezza e disponibilità da cui deriveranno nuove generazioni di applicazioni e servizi, intelligenza artificiale, esigenze sociali di ridurre a zero difetti, tecnologie emergenti (nano materiali, elettronica flessibile, laser, materiali intelligenti),  nuove infrastrutture e nuove soluzioni tecnologiche, nuove terapie, valore sociale della salute ed del benessere, metodi di prevenzione e di cura, automazione industriale, tecniche di intelligenza artificiale, robot intelligenti, produzione più rapida, efficiente e sostenibile, e quindi scomparsa di alcuni lavori, riuso, seconda e terza vita dei beni, reti multiple, integrate ed intelligenti e capacità di immagazzinare meglio e di più l’energia (storage).

Si tratta di un cambiamento culturale forte, che poggia sulle spalle della responsabilità sociale di ognuno, per uscire da una logica di “protezione” degli asset (operativi, reputazionali, etc.) ed entrare in un nuovo modello di vera creazione di valore.
Si tratta di un cambiamento forse ineluttabile per le imprese che aspirano a mantenere una leadership nelle pratiche di sostenibilità come strumento di competitività: un nuovo punto di vista, un nuovo modo di osservare i bisogni, sociali ed economici, e di interpretare il ruolo dell’impresa, rileggendo la propria identità (ottimizzando tutti gli strumenti già a disposizione), per offrire risposte condivise e sostenibili.

lunedì 18 maggio 2015

Attuazione dei POR FESR regionali a poco più di sei mesi dal termine ultimo e prospettive future.





POR FESR 2014 - 2020

Una delle fonti più certe di tutto il sistema dei finanziamenti UE ai vari Stati Membri sono le erogazioni che la Commissione Europea fa in risposta alle declinazioni locali delle strategie europee. Questi documenti sono i POR (Piani Operativi Regionali). Tutte le Regioni europee eseguono, relativamente ad ogni periodo previsto di programmazione, il loro POR suddiviso per fondi, cioè ad esempio POR FSE o POR FESR.
La commissione ha la facoltà di non approvare i singoli POR Regionali, sulla base di rilievi di vario tipo evidenziati sulle proposte regionali. E quindi di richiedere, miglioramenti, spiegazioni, integrazioni ecc. Di norma questo processo porta a ritardi intorno ai sei mesi.

Quando questo processo è concluso, i soldi previsti, vengono erogati e sono nella disponibilità Regionale. La Regione beneficiaria, come previsto nel POR approvato, cofinanzia le azioni con risorse proprie, raddoppiando il budget.
A questo punto le varie amministrazioni Regionali una parte (piccola) la spendono su progetti definiti “a Regia Regionale”, ossia di interesse primario dove il leader partner è la Regione, ed il resto li distribuisce in svariate call già elencate nella redazione del POR.
Il POR FESR è sicuramente di interesse notevole in quanto è quello finalizzato a opere e interventi strutturali. PMI, mobilità, costruzioni, manufatturiero ecc… sono settori che fra gli altri beneficiano di questi soldi.
Ossia, che “potrebbero” beneficiare di questi soldi. Perché nemmeno questi riusciamo a spenderli tutti.

Il nuovo POR FESR  2014 – 2020 VENETO è stato proposto alla UE con una richiesta di finanziamento UE, esclusiva per il Veneto, di 300 milioni di Euro  A questa farà da cofinanziamento una uguale erogazione e destinazione di fondi da parte dell’amministrazione Regionale del Veneto. (per uno stanziamento totale di circa 600 milioni di euro).

In questa proposta, seguendo le direttive UE e i modelli proposti, ha elaborato un documento specifico con un percorso partecipativo, chiamato RIS3, che descrive la Smart Specialisation Strategy ossia la strategia per la ricerca e l’innovazione della Regione del Veneto (che ragiona e si riferisce a circa 167 milioni di Euro del totale stanziamento UE, in riferimento a 2 degli assi prioritari, rispetto al totale di 11 presentati da modello della commissione UE).
Attraverso un percorso partecipato di “tavoli di concertazione”e di workshop con diversi stakeholders regionali con tutte le categorie, la Regione ha elaborato alcuni obiettivi espressi in questa strategia:

• potenziare e rendere più efficace il sistema di innovazione regionale
• incrementare l’attività di ricerca e innovazione nelle imprese
• aumentare l’incidenza delle specializzazioni produttive e innovative nel sistema economico
regionale
• favorire le forme di aggregazione tra imprese e soggetti della ricerca, nonché sostenere
servizi per l’innovazione a favore di imprese e cittadini
• Incrementare le attività di ricerca applicata .

Agroalimentare, Manifatturiero, Creatività, Vita sostenibile sono quattro macroaree di intervento nei quali, secondo il lavoro dei tecnici regionali, verranno ad agire KETs e driver d’innovazione.

Secondo il nuovo schema ogni regione doveva presentare, unitamente ad una proposta con evidenti parametri di partecipazione (“dal basso”), anche una VAS (Valutazione Ambientale Strategica) che assicurasse la sostenibilità ambientale delle azioni previste e finanziabili nel POR FESR 2014 – 2020.


Tempi del POR FESR 2014 - 2020 Veneto.

Dal sito della Regione del Veneto http://partenariato.regione.veneto.it/ 
“LA FASE DI NEGOZIATO CON LA COMMISSIONE EUROPEA
A seguito delle osservazioni trasmesse dalla Commissione Europea il 21/10/2014 sulla proposta di POR FESR 2014-2020 presentata dalla Regione del Veneto e inviata formalmente  il 21/07/2014, si è aperta la fase di negoziazione, che coinvolge anche i competenti Ministeri e che porterà alla modifica del testo e alla sua successiva approvazione con decisione della Commissione Europea.
 L’Autorità di Gestione, autorizzata dal Consiglio Regionale su proposta della Giunta, come prescritto dalla Legge Regionale 20/2011, sta conducendo tale negoziato necessariamente nel rispetto della linea politica che ha portato alla definizione degli obiettivi e delle strategie della proposta di POR, già delineati e condivisi con il partenariato regionale. Un primo incontro con i referenti della Commissione Europea e del Ministero dell’Economia e delle Finanze si è tenuto a Venezia il giorno 11/11/2014, a cui sono seguiti numerosi contatti e scambi di informazioni.
 L’Autorità di Gestione  prevede di inviare entro fine gennaio/inizio febbraio una prima ipotesi di revisione del POR FESR 2014-2020 (quella descritta in questo post ndr) con l’obiettivo di pervenire all’approvazione da parte della Commissione Europea nel secondo trimestre del 2015.” 
Cioè plausibilmente entro Giugno 2015.

In maniera assolutamente personale, ipotizzo, se non a fronte di innovativi sforzi della futura nuova giunta Regionale, qualunque orientamento politico avrà, che, ricevuta una “probabile” approvazione dalla UE entro giugno 2015, i primi bandi operativi e le prime call regionali non saranno on line prima di Gennaio 2016, (valutando che occorrono cinque o sei mesi per preparare i bandi) e cioè con due anni di ritardo rispetto al programma 2014 – 2020. “

Situazione delle altre regioni del nord Italia.

Regione Lombardia: con decisione C(2015) 923 final del 12 Febbraio 2015 la UE ha approvato il POR FESR 2014 – 2020 Lombardia che prevede lo stanziamento di 485,2 milioni di Euro, ed una medesima cifra stanziata dalla Regione Lombardia, per un totale di 970,4 Milioni di Euro.

Regione Piemonte: con Decisione di Esecuzione CCI 2014IT16RFOP014 del 12 Febbraio 2015, la UE approva il POR FESR Piemonte. Lo stesso ha una dotazione finanziaria totale di circa 907 milioni di Euro, di cui il 50% stanziati dalla UE e il 50% stanziati dalla Regione Piemonte.

Regione Autonoma Valle d’Aosta: ha previsto uno stanziamento ue per un ammontare di 32.175.000 euro di finanziamento dalla UE e quindi per un monte di spesa del doppio (64 milioni).  Il suo POR FESR è stato approvato dalla Commissione UE il 13 Febbraio 2014. 

Regione Liguria: il POR FESR Liguria, che ha come il Veneto le elezioni del consiglio Regionale il 31 Maggio, ha però già visto approvato dalla UE il proprio POR FESR 2014 2020. Lo stesso vede una cifra stanziata pari a 392 milioni di euro (metà corrispondono al contributo UE).
La Regione Liguria ha emesso il primo bando POR FESR 2014 2020 il 29 aprile 2015.

Regione Emilia Romagna:  con la decisione CCI 2014 IT 6RFOP008 del 12 Febbraio 2015 la UE stanzia, contestualmente ad un importo di pari entità della Regione Emilia Romagna, 481 milioni di euro (totale circa 963 milioni di Euro) per il periodo 2014 – 2020 del POR FESR.

La Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, ha presentato alla UE un piano PO FESR 2014 -2020 per un totale di 230 milioni di euro, circa. Di questa cifra attende l’approvazione UE per il finanziamento a fondo perduto della metà. Attualmente ancora la Regione non ha ricevuto la necessaria approvazione.

Regione Trentino Alto Adige: Provincia di Trento: ha realizzato un modello S3 come il Veneto sulla base di indicazioni UE (ancora da concludere) e ha ricevuto l’approvazione del proprio piano POP FESR il 12 Febbraio 2015 per uno stanziamento totale di circa 108 milioni dalla UE  (cifra comprensiva anche del cofinanziamento dell’amministrazione provinciale di TN). La provincia di Bolzano ha anche lei il suo POP Fesr approvato per un totale di circa 136 milioni di euro.

Come riflessione finale, possiamo dire che non siamo riusciti, come sistema Regione Veneto, ossia in tutte le sue componenti, a spendere tutte le risorse a disposizione del periodo 2017 – 2013, e, anche se avremo tempo fino al 31 dicembre 2015, con le elezioni diventa tutto estremamente complesso.
La media Europea di spesa è intorno al 61%, (dato 2014) con picchi come la Lituania che ha speso l’80,1% delle risorse a sua disposizione. Sempre nel 2014 la media di spesa Italiana si attestava intorno al 45% di spesa delle risorse disponibili come somma dei vari POR FESR regionali. Abbiamo migliorato un po’ la % portandoci intorno al 52% (dato di qualche mese fa), ma ancora lontani da risultati auspicabili.
Ad oggi la situazione è che entro il 31 dicembre 2015 il sistema Italia ha ancora 12 miliardi da spendere e rendicontare (dati elaborati CGIA Mestre e Governo) della programmazione 2007 – 2013 (PON compresi), cosa che sarà assai difficoltosa, 
E questo anche se siamo anche capaci di performance superiori alla media europea di spesa: la prima regione in Italia con maggiore capacità di spesa dei fondi POR FESR è la regione Emilia Romagna che Luglio 2014 ha certificato (con controllori dei conti accreditati) la spesa del 72,59% delle proprie disponibilità relative al periodo 2007 - 2013.

Partiamo “con handicap” con la programmazione 2014 - 2020 (che avrà anche lei due anni di proroga alla fine) con quasi due anni di ritardo sull’inizio previsto di spesa (1 gennaio 2014) che altre nazioni europee hanno rispettato.

Ma cosa succede se non li spendiamo tutti?
Dall’articolo 93 del regolamento 2006 cito:
“La Commissione procede al disimpegno automatico della parte di un impegno di bilancio connesso ad un programma operativo […] per la quale non le è stata trasmessa una domanda di pagamento ai sensi dell'articolo 86, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello dell'impegno di bilancio nell'ambito del programma”.
Conosciuto come articolo del “disimpegno automatico”. 
Tradotto, quelli che non riusciamo a spendere, per legge approvata, entro il 31 dicembre di due anni seguenti la fine del programma (per il 2007 – 2012, appunto il 31 dicembre 2015) ce li tolgono. E non li re-impegnano nelle successive programmazioni. Al netto di accordi politici o di richieste particolari sulle quali la UE eventualmente può decidere.

Resta a tutta la società civile, unitamente alle PA, pur considerando i vincoli amministrativi e le difficoltà burocratiche, fare ogni sforzo possibile per recuperare il tempo perduto. Perché, se è possibile che il “sistema di governo” abbia avuto qualche problema, è anche vero che l’incapacità dei soggetti beneficiari della nostra Regione di presentare progetti validi e credibili e di spendere correttamente  è ancora troppo alta.
E questa è una responsabilità di tutti. Innovazione, miglioramento, coraggio sono le qualità che dovremmo sviluppare oltre al coinvolgimento di professionisti validi. Queste qualità avranno uno sviluppo se si prendono direzioni che abbandonano le strade del campanilismo e aprono ai network e alla condivisione. E’ tempo di cambiare modello e di crescere in maniera sostenibile e migliorando socialmente, di cercare obiettivi condivisi e di lasciare la paura in un cassetto. Specialmente per il Veneto: la regione con un numero di microimprese superiore a tutte le regioni del mondo. Mani e cuore. Mettiamoci anche un po’ di testa. E inoltre cominciamo a pensare ora ai progetti, quando arriveranno i bandi, sarà utile essere già pronti.
Nei prossimi post, vi riassumerò il contenuto del POR FESR Veneto 2014 - 2020 e i relativi possibili bandi futuri. 
Stay tuned!!!!

giovedì 14 maggio 2015

13 attenzioni per un progetto vincente.


Cosa devo mettere (attenzioni) nella stesura di un progetto per l'Unione Europea, per avere sufficienti possibilità di gareggiare alla pari con gli altri proponenti e sperare di ottenere un finanziamento? 
Le call europee sono delle “gare”. 
A parte la possibilità di fare “lobby”, nel senso buono ed efficace del termine, resta il fatto che, sempre di più al giorno d’oggi, risulta necessario in ogni caso realizzare un BUON progetto. 
Valido, sostenibile, corretto e attuabile. Ovviamente senza un contenuto valido e di spessore, sono attenzioni inutili. Ma questo, già lo immaginate.
Ma ci sono attenzioni particolari, da tenere sempre presente.
Riassumo quelli che a mio avviso sono i 13 punti generali, che descrivono le principali attenzioni  caratteristiche da produrre quando si prepara un progetto in risposta ad una call Europea.



Utilità. “Dare” qualcosa. Sembra una affermazione banale e lapalissiana. Ma è davvero così? Interrogatevi sull’utilità e sulla ripetibilità del vostro approccio a quel dato problema e sulla soluzione che date. Non sarete sicuramente i soli, in questo piccolo grande pianeta, ad avere affrontato, pensato, provato a risolvere il vostro “problema”. E non sarete i soli ad essere interessati alla soluzione. Cosa “date” a fronte di soldi che vi vengono “donati”? Oltre ad una perfetta e puntuale esecuzione di quanto previsto. Le leggi sulla privacy e sulla proprietà intellettuale vi tutelano, quindi sgombrate la mente dalla paura che vi “freghino” l’idea o la soluzione. In ogni caso sarete il primo ad applicarla, se il vostro progetto è efficace.
Ed una sana competizione con chi vi emulerà o dal vostro progetto prenderà spunto, vi spingerà e porterà verso nuove evoluzioni del vostro pensiero e verso nuove sfide.
Ma cosa, davvero, date a questo sistema? Una buona risposta deve emergere limpida dal progetto che proponete.

Risultati misurabili. Altro scoglio per la progettazione Italiana. I risultati saranno misurabili (ripetibili, verificabili) solo quando gli obiettivi del progetto saranno tali. Obiettivi aleatori non permettono di verificare la riuscita del progetto sia ex ante che ex post. Quindi, di seguito, alcune domande che possono aiutare: da situazione (stato di fatto) partiamo, per cambiare cosa, di che quantità, come la misuriamo, cosa cambia nel sistema se riusciamo a raggiungere i nostri obiettivi (indicatori).

Sintesi. Esercizio complesso. Essere sintetici e nel contempo chiari ed esaustivi non è facile. Ma anche questo è necessario. Presuppone una profonda conoscenza di ciò che si scrive. Una prova? Provate a spiegare con poche parole e semplicemente a un “non esperto” quello che volete fare. E poi fallo in inglese. Se hai l’occasione, fatti capire da un inglese. Quasi tutte le proposte vanno presentate in Inglese. I modi di dire Italiani e le costruzioni sintattiche della nostra lingua, non sempre coincidono con quelle della lingua Inglese. Siete sicuri che una volta tradotto chi legge il progetto, capisca esattamente quello che intendete realizzare? Anche in questo caso la sintesi aiuta.

Pragmatismo e concretezza. Dal vocabolario “Atteggiamento mentale e comportamento di chi privilegia la pratica e la concretezza rispetto alla teoria, agli schemi astratti e ai principi ideali.” Nei progetti le teorie, schemi e principi devono essere pragmatici, cioè collegati ad azioni, mezzi, tempi, risultati e prodotti. Quindi spiegate sinteticamente e in maniera chiara la vostra teoria, e poi dimostratela. Con azioni, risultati e prodotti. Concreti.

Sostenibilità. Intesa in diverse accezioni. C’è la sostenibilità ambientale, prevedere nel progetto (cioè per la sua implementazione) un utilizzo oculato e parsimonioso di risorse ambientali e una serie di azioni a questo mirate. C’è la sostenibilità economica, che fa si che il progetto da un lato sia ben “misurato” economicamente, dall’altro che parte di esso possa dare vita ad attività che proseguono dopo la fine del progetto stesso. 

Innovazione. C’è innovazione assoluta (intesa anche come un nuovo approccio ad un problema conosciuto, o una nuova proposta di servizio, non solo un prodotto/oggetto/macchina nuovo in assoluto) e innovazione relativa (al contesto). Ma l’innovazione serve. È necessaria per i progetti. Perché è fondamentale per risolvere i problemi in termini di sostenibilità, assicurando uno sviluppo sociale ed economico sostenibile, liberato dai suoi difetti.

Disseminazione, non come una volta, ma per aumentare l’Impatto. Comunicare all’esterno degli ambienti scientifici i risultati del progetto e le possibili applicazioni. Comunicare a cittadini, a pubbliche amministrazioni, all’industria, ad altri settori produttivi, alla politica.
Quindi dividere in target audience e calibrare i messaggi ed i contenuti. Sviluppare dei key message. Sviluppare un piano di disseminazione ed un message mapping. 

Durata. Ogni progetto ha un inizio, uno svolgimento ed una fine. Anche questo sembra ovvio, ma la fine deve essere delineata in maniera concreta (da fatti e risultati) e definita come l’inizio (alle volte si prevede un "kick off meeting"). Quando pensate ad un progetto, focalizzate quale sarà “l’arrivo”. Con il raggiungimento di che obiettivo, risultato. Più chiaro sarà e più lo sforzo di definizione dei passi per raggiungere il vostro obiettivo sarà lineare, logico e comprensibile. Banalmente, anche a chi giudicherà il vostro progetto per decidere se darvi dei soldi o meno. Dimenticate l’idea di “voler risolvere tutti i problemi di una certa situazione” con un solo progetto. Applicate “modestia progettuale”: un obiettivo, 5/8 azioni per raggiungerlo, mezzi, risorse (denaro e ore/persona) necessari, indicatori, che vi dicano se siete nella direzione giusta nell’esecuzione e che l’arrivo sia quello che avete previsto, e una bella e sincera analisi di quello che potrebbe andare storto. A quest’ultima fase, provate a mettere soluzioni in base alle vostre possibilità, ossia solo dove potete incidere.

Grado di cambiamento. I migliori progetti sono quelli che incidono nella realtà e nelle abitudini portando un cambiamento, un miglioramento relativamente ad una o più problematiche/situazioni complesse. “Dopo” deve essere diverso da “prima”. Con un nuovo progetto possiamo fare dei passi verso una nuova situazione, e quindi contribuire ad una ottica o discussione, grado basso, oppure ad esempio, possiamo proporre un cambiamento più o meno radicale in un sistema o con un servizio/prodotto, che cambia la situazione delle cose (innovazione assoluta), grado alto. Il cambiamento portato col progetto deve “vivere” anche a progetto finito.

Aderenza alle politiche e agli obiettivi UE. Il nostro progetto deve contribuire al raggiungimento degli obiettivi UE (Europa 2020, strategia di Lisbona…., altro….) e non viceversa. Bisogna conoscere, e bene, il mainstream politico che ha portato gli organi UE a emettere la call a cui partecipate.
Ogni call ha in se priorità e obiettivi aderenti a questi piani e queste strategie. I casi sono due: o “fittiamo” con gli obiettivi europei, e abbiamo delle chances di vedere il nostro progetto approvato; o non “fittiamo", e allora le nostre chances sono più o meno zero. Per questo dovete avvalervi di tecnici che, oltre a saper progettare, conoscano le politiche e i documenti di programmazione (libri bianchi, direttive, ecc…) e non solo che sappiano che ci sono le call, quelle ve le trovate sul web. Molte volte, limiti delle call, non sono nemmeno tutte nelle guide, ma sono anche nei documenti (direttive) precedenti. 

Considerare e comprendere le politiche trasversali. Diritti umani, parità, inclusione sociale, non discriminazione, impatto ambientale, carbon footprint, cambiamento climatico ecc… sono tutte politiche che pervadono la nostra realtà in senso orizzontale. E lo fanno anche con le azioni che metterete in atto con l’esecuzione del vostro progetto. La UE ha posizioni sempre più precise in queste politiche. Tenetene conto, nelle azioni, nelle scelte che mettete in essere per raggiungere i vostri risultati. Considerate anche che questi ultimi siano coerenti con le politiche UE relative agli argomenti delle politiche trasversali.

Valore aggiunto europeo. Il fratello minore del principio di sussidiarietà. Mi spiego, teniamo intanto presente che la spesa europea deve essere  giustificata come investimento per il futuro. In tal senso, il concetto di valore aggiunto europeo può fornire un valido insieme di criteri. È utile, inoltre, ricordare che la spesa dell'Unione europea, creando valore aggiunto europeo, dovrebbe contribuire a un più efficace raggiungimento degli obiettivi politici condivisi riducendo, possibilmente, anche la necessità di spese nazionali parallele.
“Di fatto, il valore aggiunto europeo può essere considerate il "corollario del tradizionale principio di sussidiarietà” come definite nell'articolo 5 del trattato sull'Unione Europea:
"In virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva, l'Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere conseguiti in maniera sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell'azione in questione, essere meglio raggiunti a livello di Unione.”(dal Trattato dell’Unione Europea, art. 5).
Quindi? Come possiamo creare valore aggiunto europeo nel nostro progetto? Ad esempio attuando le azioni previste dalla legislazione UE e garantendone l’applicazione. Oppure realizzando economie di scala a livello europeo. Diffondere i risultati avvalendosi della creazione di reti nuove (networking) che permettano una diffusione sempre migliore e capillare a livello europeo dei risultati che raggiungeremo. Assicurare un coordinamento fra risorse europee che sono necessarie, secondo le nostre previsioni, al miglior completamento del nostro progetto e creare le condizioni affinché la sinergia fra queste risorse abbia il miglior risultato possibile. Applicare modelli e soluzioni, attuabili non solo a livello locale o regionale, ma in tutto il territorio UE.

Impatto. Fondamentale. Trasformare buone idee in prodotti e servizi garantendo un impatto positivo sull’economia e la società. E, in forza di una maggiore selettività, solo i progetti che lo assicurano saranno finanziati.
Anche i precedenti programmi quadro avevano obiettivi di questo tipo, ma molti progetti, pur scientificamente rilevanti, non sono diventati prodotti o servizi e quindi non hanno contribuito a migliorare economia e società. Di conseguenza, per assicurare un programma realmente efficace, nella nuova programmazione molte cose sono cambiate.
Nei programmi precedenti spesso erano utilizzati know-how e risultati già esistenti.  Scientificamente rilevanti ma poco efficaci per il mercato. Spesso venivano ignorate le esigenze degli utilizzatori finali perdendo così la concreta prospettiva di arrivare a prodotti e servizi reali. Ora non è più possibile, tutti i programmi puntano a far crescere l’economia e la società.Nei precedenti programmi la comunicazione e le altre discipline trasversali erano sottovalutate e spesso, con l’illusione del risparmio, affidate a personale interno non specializzato. Ora non si può fare, le risorse interne non saranno sufficienti per affrontare adeguatamente comunicazione, marketing e le altre discipline trasversali. Ora servono veri specialisti. Il principale cambiamento rispetto ai precedenti programmi è l’urgenza di garantire un impatto positivo su economia e società. Le discipline trasversali come dissemination, relazioni pubbliche o gestione finanziaria hanno un ruolo fondamentale per produrre l’impatto richiesto.

Considerato tutto questo in un progetto, partite alla pari. Risulta evidente che l'ausilio di un tecnico specializzato e preparato è auspicabile. A voi resta da mettere l'idea ed il vostro contenuto, unico e originale. 


lunedì 4 maggio 2015

Europe Pulse News: Horizon Prizes


Quando ce ne sarà l’occasione, per cose particolari, lancerò nel blog questi impulsi, notizie brevi, particolari e, spero, interessanti.


Sono nati gli Horizon Prizes
Con questa programmazione, e a partire da quest’anno, la commissione europea premia la ricerca e chiunque riesca trovare risposte e soluzioni innovative a problemi importanti, con premi in denaro.

Gli Horizon Prizes costituiscono un nuovo mezzo per sostenere e incentivare progetti di ricerca, divenendo anche un importante driver per l’innovazione nei settori pubblico, privato e filantropico, finalizzandoli a nuovi prodotti e servizi sostenibili.

Nel corso del 2015 saranno lanciati cinque Horizon Prizes per un ammontare complessivo di 6 milioni di euro. Saranno dedicati alle seguenti tematiche:

1. Better use of antibiotics -  sviluppare un test rapido, economico e non invasivo che permetta ai medici di distinguere tra infezioni alla vie respiratorie che necessitano di cura antibiotica e infezioni analoghe che invece possono essere trattate in sicurezza senza l'utilizzo di questi farmaci. L'obiettivo è combattere l’abuso di antibiotici e fermare la crescente resistenza batterica dovuta a tale abuso. Il premio ammonta a € 1.000.000 ed è possibile candidarsi dal 10 marzo 2015 al 17 agosto 2016.

2. Breaking the optical transmission barriers - premio da € 500.000 per lo sviluppo di una soluzione che consenta di superare le attuali limitazioni dei sistemi di trasmissione a fibra ottica. La soluzione innovativa dovrà essere in grado di massimizzare la capacità di traffico dati, il campo, l'efficienza e l'ampiezza dello spettro, tenendo conto anche dei futuri sistemi di trasmissione già allo studio. Le candidature potranno essere presentate dal 28 maggio 2015 al 15 marzo 2016.

3. Materials for clean Air – premio da € 3.000.000 per sviluppare soluzioni innovative di materiali design-driven capaci di ridurre la concentrazione di particolato nell'aria, al fine di migliorare la qualità dell'aria delle nostre città. Per questo premio è possibile presentare candidature a partire dal 26 gennaio 2017 fino al 23 gennaio 2018.

4. Collaborative spectrum sharing – premio  di € 500.000 e riguarda il settore delle reti wireless. La competizione sarà aperta dal 28 maggio 2015 al 17 dicembre 2015.

5. Food Scanner - premio di € 1.000.000 per sviluppare un dispositivo mobile, a basso costo e non invasivo, che permetta ai consumatori di misurare e analizzare la loro assunzione di cibo. Questa soluzione contribuirà ad affrontare i problemi di salute legati all’alimentazione, in particolare per le persone con patologie quali obesità, allergie o intolleranze alimentari. L’apertura della competizione è imminente.

Alla prossima.