Salve a tutti quelli che mi leggono.
Dopo un po’ di tempo dedicato alla stesura di progetti su
alcune call, eccomi di ritorno a scrivere un pezzo sul mio blog.
Mi aiuta partire dalla domanda che spesso mi viene posta: perché fare un
progetto europeo?
Ritengo che la risposta possa essere divisa in due parti: la
prima per provare a intendersi sulla parola “progetto”. La seconda sull’aspetto
Europeo.
La parola che deriva dal latino, ha questa etimologia: pro avanti jacere gettare, ossia “ciò
che viene gettato davanti “
Nella vita, più o meno, tutto può essere definito come un
“progetto”. Di solito comincia da un pensiero, un’idea, scatenata da un
problema, da un bisogno o da un desiderio. A cui questo progetto dovrebbe
portare una soluzione e un appagamento.
A volte, invece, e sono le più rare inizia, con una
intuizione (frutto di creatività o di un
processo di astrazione), su una qualche “cosa” che non esiste, ma che,
se ci fosse, porterebbe un cambiamento, e magari per tanti, non solo per
l’ideatore.
Nella vita comune il termine “progetto” viene applicato alle
più svariate categorie e ad ambiti molto differenti: dal progetto di vita, con
variabili note e ignote, al progetto di “avere” una casa, prima ancora di
“fare” una casa. A progetti calati sui bisogni (primari, cibo, acqua, casa o
edificio ecc…) sia singoli che di società.
A questo punto la Vostra immaginazione può spaziare in lungo
e in largo.
Quindi cosa significa fare un “progetto”?
Significa fare uno “studio” preparatorio di un’impresa, di un’opera,
di un servizio o di qualsiasi altra prodotto che abbia bisogno di una
preparazione, di condizioni e di risorse per essere attuata.
Tralasciamo, per un attimo, ora, i progetti della “persona”
intesa come singolo individuo riferiti alla sua vita e alla sua evoluzione.
In tutti i casi in cui, attraverso un progetto si punta alla
realizzazione di un’opera o di un servizio, una delle voci ineludibili sono le
risorse. Dentro a questo capitolo ci sono (uso termini nel loro senso generale)
macchine, know-how, strumenti, lavoro
di persone.
Quando un ideatore ha la possibilità di trovare tutto ciò
nel suo “magazzino”, compresi i soldi per pagare le persone, redige un
progetto, pianificando obiettivi, azioni, tempi, risultati e prodotti (se è
bravo anche verifiche dell’esecuzione). Dopo le opportune verifiche del
progetto, investe le sue risorse e lo esegue.
Se invece il “magazzino” è sprovvisto delle risorse, risulta
necessario trovare le risorse che mancano. Per trovare queste, nel nostro
sistema economico, sono necessari i soldi.
A questo punto o uno ne ha o li chiede. Generalmente, la
stragrande maggioranza, si avvale di risorse private erogate, con interessi, da
enti di credito (banche, fondazioni, assicurazioni).
Questo porta una aggiunta al lavoro del progettista, perché
i soldi prestati vanno restituiti. Quindi la pianificazione delle attività post
realizzazione del progetto va accuratamente ragionata per prevedere dei tempi
di rientro.
Molte volte, però succede anche il caso opposto.
Ci sono entità che elaborano strategie, programmi, piani di
sviluppo e obiettivi generali da raggiungere. Queste entità hanno le risorse
economiche. Ma a queste entità di norma, mancano le altre risorse: realizzatori
concreti dotati di strumenti, mezzi, know – how e lavoro di persone.
Nel privato, sappiamo bene quali siano i meccanismi.
Quando le risorse sono pubbliche, le risorse economiche non sono,
spesso, “prestate” ma sono “erogate”a fronte di servizi o prodotti realizzati,
ed è il caso dei bandi d’appalto, call for tender in inglese, o a fronte di
progetti che portino risultati (beni o servizi fra i quali metodi, pratiche,
modi e approcci) che permettano all’ente pubblico di raggiungere il PROPRIO
obiettivo pianificato (e queste sono note come call for proposal).
Quindi, con denominatore comune un’ottica WIN WIN (ossia
tutti raggiungono i propri obiettivi desiderati: “vincono tutti”), il “mio”
progetto, sia io un ente pubblico o privato, deve entrare nella “rotaia”
definita dall’ente pubblico erogante (con stessa direzione e verso) anche se
può avere una forma sconosciuta all’ente erogante. Rotaia definita dal
mainstream politico.
Cosa voglio dire? Che il progetto, pur essendo mio, diverso
da tutti gli altri, e che raggiunge anche obiettivi miei, contribuisce, molte
volte in una maniera sconosciuta a chi eroga, al raggiungimento degli obiettivi
dell’ente erogante.
In questo inserisco qui il fattore tempo. Per necessità di
controllo e concretezza ogni progetto ha un tempo di vita: specialmente in
quelli finanziati da risorse pubbliche esiste un inizio (giorno/anno), una
durata (mesi/anni) e una fine (giorno/anno). Sono i prodotti del progetto e/o
gli effetti e le condizioni e/o l’utilizzo dei servizi e/o i benefici che
devono durare dopo la fine del progetto.
Questo, ovviamente, è il caso dei famosi progetti europei.
Dove le risorse (fondi europei), per motivi che non vi esplicito ora sono
notevoli e a disposizione di chi si vuole cimentare in queste gare.
In ogni caso, sia l’ente erogante pubblico o privato, lo
stesso determina delle regole e/o dei metodi per eseguire i progetti che hanno
una duplice funzione: agevolare nella stesura il proponente e agevolare nella
valutazione l’ente erogante. Non
solo in termini di contenuti ma anche in termini di strutturazione della
proposta progettuale.
Capita anche che strumenti di progettazione esecutiva
prodotti da altri enti, siano presi, modificati in maniera per renderli più
adatti al contesto progettuale dell’ente erogante e utilizzati (ad esempio il
WBS).
Nonostante oggi si stia arrivando alla prassi di presentare
progetti in format online, questo non deve indurre a pensare che il lavoro di
progettazione precedente (con strumenti adeguati all’idea progetto) sia
inutile. Anzi. Diventa fondamentale per creare una struttura e non trovarsi a
improvvisare scelte o decisioni durante una compilazione online.
Molti sono i metodi di progettazione pensati e poi
applicati. Ne elenco qualcuno per conoscenza fra i più famosi: RAF (Ricerca Formazione Azione, FR, 1960); WBS (Work Breakdown Structure, USA, 1960; ZOPP (ZielOrientierte Projektolanung, D, 1970); MARP (Metodo Accelerato di Ricerca Partecipativa, GB, 1980); SWOT (Strength, Weaknesses, Opportunities, Threats, oggi strumento, inizialmente usato come base per progetti, UE, 1980) PCM (Project Cycle Management che contiene anche il Logical Framework ed il Problem Tree, UE by EuropeAid, 1992.
Eccoci quindi al contesto Europeo. Perché, se faccio un progetto,
lo inserisco nel contesto Europeo?
Nella concezione tipica e più spicciola, il proponente medio
lo fa per ottenere i fondi pubblici.
Che tradotto significa risorse economiche non in prestito e
quindi non da restituire. Anche se oggi, per la maggior parte in
cofinanziamento (ossia in % sui costi ammissibili).
E, troppo spesso, lo fa ignorando politiche, finalità,
contesti, che potrebbe essere anche ammissibile, ma anche ignorando quale
strumento sia il più adatto alla SUA idea di progetto (ossia se fondi europei,
fondi regionali, finanziamenti, linee ministeriali e/o governative).
Ricevo, anche oggi, richieste del tipo “devo cambiare la
macchina per fare gli stampi e metterne una più moderna, e vorrei sapere se ci
sono dei fondi europei a cui attingere”. Nonostante probabilmente questa “macchina
moderna” è sul mercato perché il committente l’ha vista a una fiera, e quindi
NON è una sua innovativa idea ma una necessità di produzione, di certo non è
direttamente all’Europa che può andare a chiedere. Potrà, forse, richiedere un finanziamento per l’ammortamento
del costo della macchina per qualche anno in qualche linea governativa (Legge
Sabatini ad esempio) o altre.
In linea di massima le attività che durante l’esecuzione del
progetto o alla loro realizzazione o strettamente commerciali NON sono
finanziate, o nel caso siano
inserite nei progetti, abbassano la quota di cofinanziamento europeo.
La risposta al perché faccio un progetto europeo non può e
non deve essere mai solo “soldi”.
Il contesto Europeo è altro. E’ imparare metodi e modalità.
E’ lavorare in network, con culture e approcci differenti. Ampliare i nostri limitati,
e a volte limitanti, contesti locali per ottenere conoscenza e capacità
superiori. Sperimentare modi, metodi e risultati che portino davvero a cambiamenti.
Ideare finalità di prodotti, che non siano solo dedicato al beneficio di pochi
o del singolo, ma ad un bene superiore rispetto a quello del singolo individuo.
E che quindi che risponda all’utilità di tutti (o di fasce estese della
popolazione europea).
Competizione alta, grande capacità e propensione alla
collaborazione, contesto innovativo e stimolante e opportunità che crescono al
crescere della professionalità dei partecipanti. Questo è il contesto europeo
in cui sono inserite le call.
Insieme a tutto questo è anche risorse economiche. E anche
tante.
Ma quelli che hanno ottenuto i finanziamenti, con cui ho
avuto il piacere di parlare, non mi hanno fatto rilevare l’aspetto economico
dei loro progetti, quanto avevano preso come contributo, piuttosto quella che
era la loro evoluzione e crescita in termini, prima di tutto, di attività e metodi
lavorativi, idee, network e progettualità.
Molte volte a realizzare uno sviluppo reale che porta un
aumento attraverso la capacità di fare meglio con meno o con le stesse risorse.
Quindi, non fate una richiesta pensando solo ai soldi. Non è
utile per avere fondi dall’UE.
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